E’ la storia del “ragazzo del borgo”, di origini cilentane, che lascia, non senza amarezza la sua terra, spesso amata ed odiata al contempo, ma che trova altrove il suo riscatto, riuscendo ad emergere dall’anonimato che avrebbe di certo conquistato nel Cilento, testimoniando la tenacia e l’impegno di tanti come lui. È la storia raccontata da Gaetano Foccillo, ex sindacalista, originario di Rutino, in quel Cilento meno evoluto, meno cresciuto, meno arricchito, dal titolo “Il ragazzo del borgo – da Rutino al mondo”, edito a Lugano-Paradiso dalle Edizioni Eldorado: una storia palesemente autobiografica, se si pensa che Foccillo, ormai in pensione, a Como, dove risiede tuttora, è riuscito a farsi strada nella professione, contribuendo a quel famigerato riscatto, dopo una lunga militanza nella Cgil. “Il romanzo è la storia di un giovane del sud che da una condizione di marginalità, perviene alla progressiva definizione di sé, alla presa di coscienza delle proprie potenzialità, su scenari sempre più vasti e meno provinciali (Roma, Milano, Como), fino a coronare la propria ascesa in uno status di riconoscibilità anche economica e sociale, assieme alla piena maturazione intellettuale e civile”. Un libro che testimonia la storia di tanti cilentani, ma che rappresenta uno strumento di rilettura della storia italiana, dal momento che nelle pagine del racconto sono ben sintetizzate alcune vicende che hanno visto protagonista l’Italia, dagli anni Sessanta della crescita, ai tempi degli anni di piombo, prima, e del riflusso poi, fino alla crisi di oggi. Nel raccontare gli episodi della sua e della storia di tanti italiani, Foccillo descrive anche una comune disillusione ideologica, che non esula dalla voglia di nuove avventure intellettuali. E se anche, di ritorno al Cilento, non lo vede affatto cambiato, evoluto e arricchito, non nasconde la voglia di “dare nua scossa” e contribuire, anche qui, nel Cilento bucolico e a volte selvaggio, ad un reale sviluppo che riaccenda la speranza che non ci debbano più essere altri “ragazzi del borgo” costretti a lasciare la propria terra.