Una tragedia sfiorata. Una storia che poteva avere una narrazione diversa, quella del giovane che a metà settembre ha rischiato la pelle perché le strade nelle nostre zone sono pessime. E poi, dopo il rumore del dopo-spavento, dopo gli altisonanti comunicati stampa di condanna o di elogio del politico di turno, a seconda degli interessi del momento, tutto, o quasi tutto, ritorna nella normalità: una normalità fatta di chiacchiere, di qualche intervento tappa-buchi, certo, di incontri estenuanti e logorroici, di convegni inutili, di dibattiti sterili, di poltrone da difendere. Mentre il Cilento muore. E muore perché non ci sono soldi per sistemare le strade, e muore anche perché non ci sono risorse, non c’è lavoro, non c’è turismo. Non c’è politica. Quella vera, fatta lavorando perché il territorio non muoia, perché si facciano investimenti seri nelle infrastrutture, perché si facciano meno feste e più interventi sulle politiche sociali.
Perché non sia “spreco” la parola all’ordine del giorno, perché si facciano proteste serie quando centinaia di famiglie perdono il posto di lavoro, perché i nostri politici se ne freghino di difendere le ragioni del partito o della ideologia pur di difendere la propria gente e la propria terra, tutelando, per quanto possibile, i diritti dei lavoratori. Occorre anche questo al nostro territorio, perché non ci sia più gente pronta a lasciare questo nulla che pesa sulla prospettiva di una vita futura in questa terra, e fuggire altrove. Una terra di meraviglie… una terra che sta decadendo, che lentamente sprofonda, mentre i nostri politici stanno a guardare.
Annavelia Salerno