{flv}PIETROLOFFREDOlagattamorta{/flv} Non una semplice biografia, tra le tante che affollano gli scaffali delle librerie italiane, spesso per tanto tempo, ma un racconto veritiero, completo di un artista veneziano dalla personalità “esplosiva”. Ad un anno circa dalla scomparsa dello scultore e pittore veneziano Antonio Ruffini, il pittore napoletano Pietro Loffredo ne delinea la personalità, il suo “personaggio”, finanche la sua dichiarata omosessualità, raccontando gli ultimi 25 anni della sua vita nel libro “La gatta morta” (Paparo Edizioni), recentemente dato alle stampe. L’autore di opere famose tra cui il Leone d’oro, premio della Mostra del Cinema di Venezia, e la statua di Totò nella nuova piazza di Bagnoli, era uno spirito libero, un “Vesuvio intorpidito”, ma pronto ad “esplodere da un momento all’altro” se sollecitato; di lui si ricorda la controversa vicenda che lo vede impegnato nella rivendicazione della paternità del Leone d’oro, dal momento che mancano documenti ufficiali. Nel libro si fondono le avventure artistiche di Ruffini e le sue vicende intime, e viene tracciato il profilo di una personalità complessa ed affascinante. E Pietro Loffredo, nel 1982, ha avuto il piacere di conoscere Antonio Ruffini. Dall’incontro è nata un’amicizia sincera, capace di scoprire e capire gli aspetti più reconditi della personalità del maestro veneziano: “la sua arte, la sua voglia di vita, la capacità di amare e di rimanere fedele a se stesso”. Insomma il ritratto reale di una personalità intrigante; un libro, “La gatta morta”, da leggere tutto d’un fiato, tutto da scoprire fino al colpo di scena finale.